Atlante Marino è tratto dal poema acque, seconda parte di una trilogia che iniza con le luci e si conclude con il libro delle case celesti. In quanto opera, la parte tratta dal poema, è stata presa per mano e fattta felicemente dimagrire da Giorgio Tosi che l'ha composta.
La voce maschile è di Marco Morellini, quella femminile è una specie di condensato di più voci che chiameremo Francesca Stimme. La storia: la storia, diciamo il racconto, è il proseguimento dell'ultima parte delle luci, dove il narratore, tomàs, aveva recuperato il corpo di dolfin, l'amico partito per recare doni agli uomini (un sapere, una sensibilità, un'arte) e ricomparso come ombra a chiedere sepoltura.
Nell'atlante, dopo il prologo (come il vento...), tomàs legge a Sibylla una lettera di dolfin non datata, allora, come richiamata dalle parole della lettera, l'ombra di Dolfin appare annunciata da Sibylla; Dolfin è inconsapevole della propria condizione e invita a un viaggio, che è la ricerca di una terra possibile.
Si tratta allora di agire: di giungere al gorgo, da lì al mare, per un atlante che sarà il libro delle case celesti.
La voce maschile è di Marco Morellini, quella femminile è una specie di condensato di più voci che chiameremo Francesca Stimme. La storia: la storia, diciamo il racconto, è il proseguimento dell'ultima parte delle luci, dove il narratore, tomàs, aveva recuperato il corpo di dolfin, l'amico partito per recare doni agli uomini (un sapere, una sensibilità, un'arte) e ricomparso come ombra a chiedere sepoltura.
Nell'atlante, dopo il prologo (come il vento...), tomàs legge a Sibylla una lettera di dolfin non datata, allora, come richiamata dalle parole della lettera, l'ombra di Dolfin appare annunciata da Sibylla; Dolfin è inconsapevole della propria condizione e invita a un viaggio, che è la ricerca di una terra possibile.
Si tratta allora di agire: di giungere al gorgo, da lì al mare, per un atlante che sarà il libro delle case celesti.
renzo franzini
LE LUCI
Teatro della memoria
E' ormai un dato scontato per tutti come la storia del teatro musicale del nostro secolo, davvero agli sgoccioli, si presenti in modo irrucibile di fronte ad un tentativo di incasellamento storico coerente, tanto diramato appare lo spettro di situazioni che sono andate prospettandosi sotto l'etichetta "opera" o "dramma". Non si può d'altra parte sfuggire all'osservazione che i compositori d'oggi sembrano in vario modo attratti dalla parola, in ogni forma essa si presenti: non necessariamente come "parola scenica" ma come stimolo poetico, filo sottilissimo a volte occulto addirittura e tuttavia legame sotterraneo che finisce pur sempre per stabilire un contatto con un palcoscenico, diventando inevitabilmente evento teatrale. Situazioni sottratte all'incatenamento di una vicenda dunque, e pur tuttavia genetratrici di una tensione che trova i suoi punti di angolazione in un testo, una musica, una scena. Come avviene in questa proposta, Le luci, che ha preso vita dall'incontro di un musicista con un testo poetico, quello di Renzo Franzini, testo che a sua volta più che narrare evoca; un emozionante cammino della memoria da cui affiora un amico scomparso alla ricerca del proprio corpo. Un viaggio trascolorante tra immagini lontane, sopite e un presente che si nutre di immagini vivide, di umori pregnanti. La teatralità è tutta racchiusa nella parola, e pure le virtualità musicali così da non chiedere aiuti esterni alla musica, ed è proprio tale condizione che imprime un segno di originalità all'offerta teatrale: nella consapevole funzione con cui si pone la musica di Tosi, risonanza emotiva del flusso della memoria, ma in un gioco quasi alterno alla poesia, così da rispettarne la presenza, con interventi minimi, quando è questa a occupare il quadro per allargarsi nei momenti di assenza, come in un'ombra impalpabile che improvvisamente ti avvolge e ti cattura. Musica di fattura sottile quella di Tosi, che sembra insinuarsi con un senso quasi nativo degli spazi della trama poetica, in un rapporto che si potrebbe dire osmotico, proprio per la duttilità con cui accenna, sottolinea, ma talora irrompe per poi trasformare l'allusivo commento in più visionario vortice o per suggerire spaziature infinite che il tramite elettronico sembra rendere più allarmanti.
Teatro della memoria
E' ormai un dato scontato per tutti come la storia del teatro musicale del nostro secolo, davvero agli sgoccioli, si presenti in modo irrucibile di fronte ad un tentativo di incasellamento storico coerente, tanto diramato appare lo spettro di situazioni che sono andate prospettandosi sotto l'etichetta "opera" o "dramma". Non si può d'altra parte sfuggire all'osservazione che i compositori d'oggi sembrano in vario modo attratti dalla parola, in ogni forma essa si presenti: non necessariamente come "parola scenica" ma come stimolo poetico, filo sottilissimo a volte occulto addirittura e tuttavia legame sotterraneo che finisce pur sempre per stabilire un contatto con un palcoscenico, diventando inevitabilmente evento teatrale. Situazioni sottratte all'incatenamento di una vicenda dunque, e pur tuttavia genetratrici di una tensione che trova i suoi punti di angolazione in un testo, una musica, una scena. Come avviene in questa proposta, Le luci, che ha preso vita dall'incontro di un musicista con un testo poetico, quello di Renzo Franzini, testo che a sua volta più che narrare evoca; un emozionante cammino della memoria da cui affiora un amico scomparso alla ricerca del proprio corpo. Un viaggio trascolorante tra immagini lontane, sopite e un presente che si nutre di immagini vivide, di umori pregnanti. La teatralità è tutta racchiusa nella parola, e pure le virtualità musicali così da non chiedere aiuti esterni alla musica, ed è proprio tale condizione che imprime un segno di originalità all'offerta teatrale: nella consapevole funzione con cui si pone la musica di Tosi, risonanza emotiva del flusso della memoria, ma in un gioco quasi alterno alla poesia, così da rispettarne la presenza, con interventi minimi, quando è questa a occupare il quadro per allargarsi nei momenti di assenza, come in un'ombra impalpabile che improvvisamente ti avvolge e ti cattura. Musica di fattura sottile quella di Tosi, che sembra insinuarsi con un senso quasi nativo degli spazi della trama poetica, in un rapporto che si potrebbe dire osmotico, proprio per la duttilità con cui accenna, sottolinea, ma talora irrompe per poi trasformare l'allusivo commento in più visionario vortice o per suggerire spaziature infinite che il tramite elettronico sembra rendere più allarmanti.